Il 23 ottobre 2014, il Santo Padre Francesco ha tenuto un importante discorso alla delegazione dell’Associazione di Diritto Penale, contro le pene inumane e a difesa della dignità dei detenuti.
L’Unione Camere Penali Italiane definisce l’intervento del Papa “un monito straordinario per le coscienze, la politica e gli operatori del diritto”.
Il discorso del Santo Padre è stato anche per noi motivo di riflessione.
L’operato di Sesta Opera infatti è testo a mettere in pratica il dettato costituzionale.
Art. 2. Costituzione Italiana – Principi fondamentali
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.Art. 3. Costituzione Italiana – Principi fondamentali
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.Art. 27. Costituzione Italiana – Titolo I, Rapporti civili
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La responsabilità penale è personale.
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L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
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Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
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Non è ammessa la pena di morte.
Come si applicano oggi questi principi?
Il Santo Padre sottolinea che occorre denunciare:
- alcuni settori della politica e di parte di alcuni mezzi di comunicazione, che incitano talvolta alla violenza e alla vendetta, pubblica e privata;
- la tendenza dei mass media a costruire deliberatamente dei «nemici»;
- la custodia cautelare che costituisce un’altra forma contemporanea di pena illecita occulta;
- la condizioni nelle carceri di massima sicurezza, ma anche in istituti per minori, ospedali psichiatrici, commissariati e altri centri e istituzioni di detenzione e pena;
- la schiavitù, inclusa la tratta delle persone, con la complicità degli Stati;
- la corruzione che è diventata naturale, al punto da arrivare a costituire uno stato personale e sociale legato al costume.
Occorre riaffermare “che la piena vigenza e operatività del principio pro homine deve garantire che gli Stati non vengano abilitati, giuridicamente o in via di fatto, a subordinare il rispetto della dignità della persona umana a qualsiasi altra finalità, anche quando si riesca a raggiungere una qualche sorta di utilità sociale”.